Il cambiamento in psicoterapia

Il cambiamento in psicoterapia

Rogers afferma:

“Il cambiamento più radicale è quello che riguarda il modo di percepire sé stesso. L’accettazione del sé tende ad aumentare e viene definita in base ai seguenti indicatori:

  • percepire sé stesso come una persona di valore,
  • percepire i propri criteri di valutazione come fondati sulla propria esperienza piuttosto che sugli atteggiamenti e sui desideri degli altri,
  • percepire i propri sentimenti, motivazioni, esperienze sociali e personali senza distorcere i propri dati sensoriali,
  • orientare la propria azione secondo queste percezioni…”

(a cura di L. Lumbelli, Ed. La nuova Italia, 1997 in “Terapia centrata sul cliente “).

 

Il processo di cambiamento

Sembra che il nocciolo di questo processo di cambiamento dell’individuo si muova in tre direzioni principali:

  1. percepire sé stesso come una persona più adeguata;
  2. permettere che un maggior numero di elementi dell’esperienza penetrino nella propria coscienza, arrivando ad una valutazione più realistica di sé stesso, dei suoi rapporti con le altre persone, dell’ambiente in cui egli vive;
  3. tendere a fondare i propri criteri di valutazione all’interno di sé stesso.

Per Rogers il cliente prima della terapia ha vissuto per mezzo di una mappa. Nella terapia egli scopre che la mappa non è il territorio, che il territorio dell’esperienza è molto diverso e molto più complesso. Inoltre scopre che la sua mappa, in quanto mappa, conteneva degli errori. La terapia gli dà l’occasione di abbandonare, sotto protezione, il livello di astrazione della sua mappa per esplorare il territorio dell’esperienza primaria.

 

Il caso di Agata

Utilizzo il caso di una mia cliente che ha concluso la sua terapia anni fa e che mi scrive una lettera sulla sua esperienza.

Agata (scelgo questo nome per le svariate sfumature di colore della pietra) giunge in terapia per un problema di coppia; per un breve periodo fa anche un percorso parallelo con il marito.

Dopo poche sedute ha un insight che la mette in contatto con quelle che sono le vere motivazioni del suo malessere: la crisi di coppia scaturisce da una grossa difficoltà a lasciarsi andare, a fidarsi.

Il modello di coppia genitoriale è stato così poco edificante che A. si è costruita l’idea che gli uomini” sono tutti uguali”, e che “non ci si può fidare di nessuno”; inoltre gli amici sono pericolosi, e solo la famiglia è protettiva. Costrutti che nel corso della terapia lei mette a fuoco e smantella con fatica..

Il cambiamento in terapia lo vedi anche esternamente: A. comincia a curarsi, si taglia i capelli e indossa abiti più femminili.

Ed ecco le parole di Agata.

 

Le parole di Agata

“..nella mia vita il dolore, la sofferenza sono diventate compagne di viaggio. Ho lottato contro di loro con la fuga, con la rabbia, con la razionalizzazione. Alla fine mi sono arresa, con la convinzione profonda che non ci sarebbe stato spazio per la gioia, la serenità. Poi ho cominciato, timidamente, a credere che potevo cambiare. Potevo fare spazio a cose positive, leggere, al brillio. L’ho scorto, a volte, dentro di me. Il brillio sepolto dalla polvere, sotto le macerie. Quello che faccio in terapia è il lavoro paziente e duro di un archeologo, con pennello e scalpellino. Disseppellisco…la mia parte più autentica, la parte che può vivere senza difendersi, che può avvicinarsi e farsi avvicinare.

Il lavoro della terapia mi ha portato a riconoscere parti di me sempre negate legate alla dolcezza, alla tenerezza. Non è stato facile. Il cambiamento richiede un grosso impegno e a volte mi sono sentita senza protezione…ho fatto entrare sentimenti che mi spaventavano e mi sono lasciata andare…

Sento con molta chiarezza che sono un alberello solido e non un fuscello portato dal vento. Ora so che le batoste possono arrivare e io sono in grado di affrontarle, so di avere una rete che funziona semmai dovessi precipitare…”

 

Da qualche parte ho sentito dire che chiedere aiuto non vuol dire essere deboli ma non essere soli.