La figura dello psicologo è ancora soggetta a pregiudizi e disinformazione. Nell’immaginario possiamo essere quelli che leggono e manipolano la mente, quelli che curano i matti, oppure quelli che non servono a niente:
- … cosa ci vado a fare?
- … che cosa mi può dire un estraneo?
- … Io non ho problemi, sono gli altri che devono cambiare…”
Psicologo, psicoterapeuta e psichiatra
Cominciamo con il dire che c’è molta confusione rispetto alle figure di psicologo, psicoterapeuta, psichiatra: i gravi disturbi della personalità, in cui l’alterazione del comportamento e le manifestazioni dei sintomi sono legate ad una mancata integrazione dell’io, come nel caso di schizofrenia o psicosi, sono campo d’intervento dello psichiatra che utilizza il farmaco in quanto medico specializzato.
Chi si rivolge allo psicologo non è “matto”, è una persona in difficoltà: la crisi può essere legata ad un momento di crescita, alla relazione con gli altri, ad un problema di coppia, ad una difficoltà lavorativa, ad una malattia che costringe a cambiare radicalmente la propria vita, a problemi legati alla genitorialità, ad un lutto improvviso, ad un trauma.
Saper chiedere aiuto
Saper chiedere aiuto è uno dei parametri principali della salute mentale: se abbiamo una frattura alla gamba non esitiamo a ricorrere ad un ortopedico e, se necessario, ad utilizzare un tutore per evitare un danno maggiore. Allo stesso modo è necessario chiedere aiuto quando quella parte di sé che non si vede (ma c’è!), si manifesta con attacchi di panico, ansia, fobie, disturbi psicosomatici.
Chiedere aiuto significa fidarsi e affidarsi. Spesso chi non riesce a farlo dice di non fidarsi di nessuno; inoltre c’è spesso una visione del mondo dicotomica: forte vs. debole, buono vs cattivo, ragione vs torto.
Chiedere aiuto diventa un atto di coraggio, mettersi in discussione, superare le paure e gli ostacoli.
Il cambiamento può essere visto come minaccioso, qualcosa che ci costringe a lasciare una zona di sicurezza anche se a volte mantenerla richiede una grossa energia:
“… Io sono fatto così… “
lo sento spesso durante i percorsi con le coppie in cui sembra impossibile, all’inizio, immaginarsi diversi nella relazione con l’altro.
L’esperienza di non essere capiti, di non essere visti, è una parte del problema. Nello studio terapeutico la persona trova ascolto, un clima non giudicante e un professionista empatico interessato alle difficoltà che sta attraversando in quel momento della sua vita. Molto spesso dicono che è la prima volta che possono aprirsi così, che possono rivelare parti di sé che considerano “sbagliate” o da nascondere, parti di cui vergognarsi.
Una diversa prospettiva
Nel corso della terapia le persone adottano prospettive diverse da cui guardare le esperienze, le relazioni, se stessi e gli altri. Avviene una ristrutturazione per cui i problemi assumono forme diverse: una giovane donna, che seguo da circa un anno, usa spesso l’espressione
“guardare le cose con l’occhio della terapia”.
Nell’immaginario di molte persone la figura dello psicologo è ancora legata a Freud: paziente steso sul lettino e psicoanalista dietro di lui, tre sedute a settimana, per molti anni.
La durata della terapia dipende dalla specializzazione del terapeuta ma non sempre è necessario un percorso psicoterapico; in realtà lo psicologo ha a disposizione molteplici strumenti quali la consulenza, il sostegno, interventi mirati e focalizzati sul problema che hanno una durata breve.
Spesso la paura nascosta dietro questo pregiudizio è quella di diventare dipendente dalla terapia; Il nostro obiettivo è accompagnare le persone ad essere “agenti liberi e responsabili di scelta “(Mischel). L’obiettivo della terapia viene concordato con il cliente con il contratto terapeutico, in cui si stima la durata ed i costi.
Il costo della terapia è legato al professionista. C’è sempre la possibilità di rivolgersi al servizio pubblico in cui i costi sono davvero molto contenuti. Per quanto mi riguarda definisco con la persona il costo che può sostenere nel rispetto della mia professionalità.
Quando ci rivolgiamo ad uno psicologo abbiamo già sperimentato l’evidenza che parlare ad un amico non basta, perché l’obiettivo non è quello di un semplice sfogo. Se stiamo attraversando un momento di crisi, di confusione, o se si manifestano dei sintomi di varia natura, l’amico può naturalmente supportarci ma difficilmente ci aiuterà a superare una fobia, un attacco di panico o d’ansia. Lo psicologo accompagna la persona nel suo percorso di consapevolezza e di crescita con la propria competenza che sarà diversa a seconda dell’orientamento di specializzazione.
“Tu che sei psicologo…cosa pensi di me…come pensi che io sia fatto…. ho sognato questo…mi sento analizzato…”
In realtà, questa è la mia esperienza, le persone cominciano a parlare ed inizia il loro racconto di sé.
A tutela delle persone che si rivolgono ad uno psicoterapeuta c’è l’albo degli psicologi. E’ consultabile online: potete trovare il professionista e vedere se è abilitato a svolgere attività di psicoterapia.